lunedì 9 luglio 2012

Per non lasciarti andare

..il mio controcanto tratto dalla corale poetica 'Nunc dimittis' proposta e ricomposta da Ferdinando Giordano ..


1.

C’è un’altra parte, fuori dal gerundio,
che fa del nome un portare,
un proporre sulle mani  aperte
per lasciar pizzicare con due dita: una ciliegia,
un’arachide, un respiro più fondo e sincopato
o il riflesso di uno sguardo severo
che esaspera il riso destinato a sminuirlo.

Ma nulla è davvero sapore se non raggiunge il luogo
dove riporre per contemplarne le ombre
e saperne le vie nella vena senza distrarsi alla luce.

Poi tutto torna al battito, come in una nuova fame
e lì dove siamo venuti, non siamo più.

2.

riconoscerai il segno sulla spalla
dove ancora ascolti il racconto dalla cicatrice
di un bacio

se ne può leggere la trama sotto le palpebre
e nella smorfia alzando il bicchiere

ancora un giro e sarà leggenda taciuta
su altre labbra

3.

andare forza le spalle
sulla sinistra la punta di un ramo sussurra:
resta

lo fa col pudore della pretesa senza doni
come la foglia si fa rossa la bocca
senza pensare alla terra
la usa a nutrire la giusta distanza dal cielo
ma sa della radice

andrai dunque?

poso l’ ultima tentazione a rubarti il sapore
lì dove lasciano spazio i capelli
prima che il colletto si alzi per zittire il grecale


4.

 
anche se pare deciso il  frangente
a tendere di schiena la gomena
non ha dita per sciogliere il nodo dalla bitta
e nel sale mancano occhi limpidi
a capire dove sia forte la leva

non chiedere quindi alla darsena
di avere mani complici in derive
perché la sua missione è l’abbraccio
la carezza dei panni asciutti
la vertigine calda della sera

5.

La distanza è un lavoro paziente
una processione di perle scorticate
-nessun oriente è intramontabile-
e dentro, il filo, si tende e si allenta
I capillari asciutti chiedono plasma a risanare
dopo la mia scure
dovrei dirti, vai, dunque
eppure rimane condizione disattesa
da un sospetto d’amore che ancora appanna il vetro

6.

Guardo alla parola esausta
come al corpo dopo i singulti,
quando il dolore si presenta di sciabola
e a suo ordine esegue supino ogni contrazione,
poi, quando la lama ritira,  il telaio  schianta
come a un vuoto sfinito.

È allora, che la carezza cresce uno sguardo nuovo
dove la carne si ricongiunge in lacrime lente






venerdì 6 luglio 2012

nessuna lacrima fatua




Di quanto è scritto e di quanto è da scrivere
ne parlo col cuore nero dei papaveri -stelle sulla mia fronte-
tra i fili d'erba arida che sanno di seccare
quando nemmeno la luna ha rugiada per una speranza.

Ma non sento pianti sommessi
né lacrime fatue a guastare l'estate degli altri
solo rosso a spiccare sul verde
tacendo alle camicie leggere e ai sandali
la caducità del quadro.